lunedì 27 maggio 2019

PALEORECENSIONE: KRULL


PALEORECENSIONE: KRULL

 
 
 
 Un’enorme roccia viaggia nello spazio verso un pianeta simile alla Terra. Sembrerebbe un comune asteroide, ma non lo è: a una estremità ha una cupola di un materiale sconosciuto e, quando atterra sul pianeta, lo fa come lo farebbe un’astronave.
Benvenuti a questa ennesima paleorecensione! Oggi esamineremo un piccolo gioiello semidimenticato della Science Fantasy, ossia del peccaminoso incrocio di Fantasy e dì Fantascienza: Krull, del 1983.
Un film che, nonostante gli anni, rimane abbastanza godibile e originale.
Tra gli attori spicca tal Ken Marshall, che ebbe un fugace successo anche in Italia negli anni ’80 quando interpretò Marco Polo nell’omonimo sceneggiato, pardon, fiction della Rai.
E, inoltre, c’è anche un giovane Liam Neeson nei panni del bandito Kegan(ma quanti film ha fatto, quest’uomo? E poi dicono di Samuel L. Jackson)

Quelle che ho descritto all’inizio sono le prime scene del film, che ci viene presentato così senza altre spiegazioni. Quelle arrivano dopo, da una voce fuoricampo, che scopriremo poi appartenere a Ymyr il Vecchio.

Costui ci informa prima che il pianeta dove si svolge la vicenda si chiama Krull, di chiaro stampo medievale, e che la roccia con la cupola, altro non è che la dimora di un crudele tiranno spaziale chiamato semplicemente Il Mostro (The Beast, in originale. Perché perdere tempo con nomi che annodano la lingua se sei il male incarnato?), che comanda orde di soldati chiamati Massacratori che, ovviamente, massacrano tutti coloro che si oppongono loro. Inoltre Ymyr parla di una profezia che parla di una fanciulla di nobile lignaggio che sarà libera di scegliere il suo sposo e con esso genererà un figlio che regnerà sul cosmo (emmecojoni!)
Dopo questo lungo incipit veniamo a conoscenza che due dei principali regni del pianeta, nelle persone dei rispettivi re, hanno deciso di mettere da parte la loro lunga rivalità attraverso l’unione in matrimonio dei rispettivi figli per poter contrastare i Massacratori. Ma, mentre i due re faticano a ingoiare il rospo i rispettivi figli, il principe figaccione Colwyn (ossia Ken Marshall) e la principessa Lyssa, non vedono l’ora essendo innamorati.
La cerimonia è suggestiva e anche importante, in seguito: lui spegne una torcia nell’acqua e lei, dopo averla ripescata ancora accesa, la deve offrire allo sposo.
Ma, proprio durante la cerimonia, vengono attaccati dai Massacratori che, omen nomen massacrano tutti e si portano via la principessa, lasciando il quasi sposo mezzo morto.
Salvato da Ymyr, Colwyn parte alla ricerca della sua sposa, con il Vecchio che lo avverte che non sarà facile trovare la Fortezza nera del Mostro e liberare la principessa: la Fortezza nera scompare all’alba per riapparire immediatamente in un altro luogo

distante anche centinaia di chilometri ogni giorno. Inoltre dovrà affrontare il Mostro stesso, che mai nessuno è mai riuscito a sconfiggere. Per batterlo avrà bisogno di aiuto, ossia del Glaive, una mitica arma a forma di stella a cinque punte da cui escono altrettante lame e che può venire lanciata come una specie di shuriken per poi tornare nelle mani del suo possessore come fosse Mjiolnir, il martello di Thor.

Colwyn lo recupera in una caverna in cima a una montagna dentro cui trova un ruscello di lava e, dentro il ruscello, il Glaive. Il principe lo tira fuori immergendo la mano nella lava(!), forse perché dato che è figaccione e predestinato dev’essere anche ignifugo.
Comunque, una volta recuperata la superarma lui e Ymyr ripartono verso il Veggente cieco degli smeraldi per farsi predire dove comparirà, indomani, la fortezza del nemico.
Durante il viaggio incontrano e arruolano Ergo il Magnifico un cialtrone che, però, riesce a trasformarsi in ogni tipo di animali, e che è la nota comica del film, un gruppo di banditi e ex galeotti guidati dal cinico Torquil, uno dei personaggi più interessanti del film, e il ciclope Rell, che appartiene a una razza di un altro pianeta che tempo prima aveva fatto un patto col Mostro: uno dei loro occhi in cambio del potere di vedere il futuro. Il Mostro, però, li aveva ingannati dando loro il potere di vedere la loro morte (domanda: come cavolo a fatto ad arrivare sul mondo di Krull e perché???)

Alla fine arrivano dal Veggente, che vive nascosto col suo assistente, il piccolo Titch.

La divinazione fallisce a causa dell’intervento del Mostro, che non gradisce ficcanaso. SI parte allora per la Palude maledetta, al cui interno il Mostro non potrà interferire, ma gli eventi precipitano: vengono assaliti dai Massacratori e il Veggente viene assassinato dal Mostro stesso, che ne ha preso le sembianze.

L’alternativa, ora, è arrivare alla Vedova della ragnatela, una strega che vive in una montagna con a guardia un ragno gigante. Ymyr parte da solo per porre la domanda e si scopre che costei altro non era che l’antico amore del vecchio, condannata a vivere lì per espiare una orribile colpa. I due si riappacificano e lei dà l’informazione che serviva ma la cosa però costerà la vita a entrambi.
Il posto da raggiungere è lontanissimo: il Deserto di ferro. Catturano allora un gruppo di cavalli di fuoco, cavalli che corrono talmente veloci da fare letteralmente fuoco dagli zoccoli! (ok, lo ammetto, qui l’hanno fatta un po’ fuori dalla tazza.)
 

Arrivano appena in tempo, poco prima dell’alba e riescono ad entrare grazie a Rell, che si sacrifica sfidando il proprio destino.
Continua la decimazione degli eroi: Ergo il piccolo Titch rimangono separati, col mago che si trasforma in tigre per proteggere il secondo dai nemici mentre Colwyn e gli altri, dopo aver attraversato ambienti usciti da un incubo, raggiungono la prigione di Lyssa che, nel frattempo, ha resistito a tutti i tentativi di seduzione del Mostro.
Finalmente si vede usare il Glaive per aprire un varco nella prigione e poi combattere il Mostro, che si presenta come un gigantesco alieno dagli occhi rossi che sembra un incrocio tra lo xenomorfo di Alien e il Mostro della palude.
 

Riescono a ferirlo, ma il Glaive rimane incastrato nel suo gigantesco corpo. Allora completano la cerimonia e Colwyn, lanciando fuoco dalla mano, riesce a uccidere il malvagio e a scappare con in superstiti prima che la fortezza si distrugga.

Un piccolo gioiellino con le sue pecche, certo, i cui effetti speciali risentono un po’ del tempo, ma tutto sommato non male, anche per il coraggio di proporre qualcosa di nuovo.

Come al solito potrete gustarvelo in italiano QUI.https://www.youtube.com/watch?v=TWX78ZWQpzA&t=6784s

Alla prossima!

venerdì 10 maggio 2019

La fine è parte del viaggio


La fine è parte del viaggio

Bentornati! Sono passate ormai due settimane dall’uscita di Avengers endgame. Bene o male l’abbiamo visto tutti, ma non voglio fare una recensione, un sacco di gente l’ha già fatta. In questo articolo tirerò le somme di questi 11 anni del Marvel Cinematic Universe (d’ora in poi MCU), cosa è stato e cosa ci ha lasciato.

È innegabile che, quando nel 2008 uscì il primo Iron man e, soprattutto, quando comparve Samuel L. Jackson nei panni di Nick Fury nella scena post credit, nessuno, neanche la dirigenza della Marvel si sarebbe aspettato un successo del genere. Bè, loro ci speravano, ma era comunque una scommessa. Per un fan, sentir parlare dell’ Iniziativa Vendicatori, bé, fu fantastico. Ma nessuno di noi era davvero preparato a ciò che avvenne in seguito.

Ed è qui che voglio sottolineare una cosa: quello che è stato fatto con l’MCU sarà qualcosa che resterà per forza negli annali non solo del cinema, ma anche della cultura pop. Sto esagerando?

Siamo obiettivi: i sequel e gli spin-off sono sempre esistiti, certo, ma un universo condiviso di questa portata no, mai. Una serie di singoli film, che pellicola dopo pellicola compongono un mosaico articolato, un universo pieno di rimandi, collegamenti, dinamiche interne, riconoscibile, anche a costo, lo ammetto, di appiattire alcune storie. Una cosa mai tentata prima.

Questo implica anche dei passi falsi, degli inciampi. Io stesso, da fan, sono il primo a dire che non tutti sono dei capolavori e, da cinefilo, salverei meno della metà dei 22 film fatti finora. Ma se guardiamo l’intera operazione nella sua totalità, da Iron Man a Avengers: Endgame, allora non c’è n’è per nessuno. Game, Set, Incontro. Fine della partita (ahah).

E qui tocchiamo un altro punto: la gente dietro le quinte. Tutte le migliaia e migliaia di professionisti coinvolti in questo progetto, che sono cresciuti in numero film dopo film. E, soprattutto, la necessità di avere qualcuno con le idee chiare, la mano ferma e le palle d’acciaio. Qualcuno come Kevin Feige, appunto. Credo che sia lui, alla fine, l’asso vincente di tutta l’operazione. Senza qualcuno come lui a sovrintendere il tutto, questa cosa sarebbe naufragata tempo fa. Devo dire che non credo sia stato facile per lui, dovendo affrontare e risolvere una miriade di problemi come la sostituzione del regista in Ant Man o il licenziamento (anche se poi riassunto) di James Gunn.

Ma ha anche calato delle belle carte, a cominciare dalla scelta di chi avrebbe interpretato quei ruoli. A parte Robert Downey Jr, che era tagliato per il ruolo di Tony Stark diventando anche il volto iconico dell’intero progetto, non dimentichiamo il fior fiore di attoroni che si sono avvicendati nel corso degli anni: Anthony Hopkins, Michael Douglas, Robert Redford, Renè Russo, Michelle Pfeiffer, Cate Blanchett, Jeff Bridges, Mickey Rourke, e tanti tanti altri. In pratica mezza Hollywood. Per non contare quelli che ha lanciato, tipo Tom Hiddleston (che, siamo onesti, se non fosse stato preso per il ruolo di Loki, oggi dove sarebbe?)

Quindi, ora che siamo arrivati alla fine di questo arco narrativo(In realtà la conclusione sarebbe con Spider-man: far from home, in uscita nei prossimi mesi), cosa ci rimane di tutto ciò?

Prima di tutto che il coraggio paga, insieme a un’ottima organizzazione.

Riprendendo il discorso su Kevin Feige, è quello che è mancato alla DC comics. Andando oltre il mero discorso sulle differenze (più o meno comicità, i personaggi, ecc.), quello che è veramente mancato alla DC è stata una visione d’insieme organica e il coraggio di fare determinate scelte. Se avessero avuto anche loro una persona come Feige e avessero avuto il coraggio di osare, non nego che il loro universo fumettistico cinematografico avrebbe senza dubbio rivaleggiato alla pari con quello Marvel, invece di rincorrerlo. Il fallimento di tutta l’operazione e il loro concentrarsi su film stand-alone, dove sembrano dare il loro meglio, non fa altro che avvalorare questa affermazione, come anche altri tentativi simili come l’universo cinematografico dei Mostri della Universal (La Mummia con Tom Cruise, brrrr).

Poi c’è da dire che questo primo arco narrativo dell’MCU sarà assolutamente irripetibile, persino dalla stessa Marvel.

Il perché è chiaro e già ribadito: è stata la prima volta e, come si sa, la prima volta non si dimentica(battutaccia, lo so.)

Molte persone erano ragazzini quando questi film sono iniziati a uscire, sono cresciuti con loro e ne hanno modellato l’immaginario. L’MCU è stato il loro imprinting. L’emozione di vedere per la prima volta quei personaggi in quel modo non si dimentica. Per questo, anche se i prossimi film Marvel Studios fossero perfetti, e magari vincessero una valanga di Oscar, non sarebbero affatto paragonabili nel vedere Capitan America che impugna Mijolnir e picchia Thanos e, più tardi guidare la carica degli eroi al grido di “Avengers uniti!” o la tristezza delle morti della Vedova Nera o di iron Man.

Occorrerà attendere che questa generazione sia vecchia, per rivedere qualcosa di simile.

Per tutte queste ragioni, signori e signore, quello che si conclude quest’anno è qualcosa che dovrà essere segnato in rosso sul calendario, e i cui effetti non possono essere previsti, nemmeno con la Gemma del Tempo.

La fine è parte del viaggio. Iron Man è morto, lunga vita all’MCU.