mercoledì 28 febbraio 2018

TI PUNISCO IN DUE!


TI PUNISCO IN DUE!

Bentrovati a questa nuova Paleorecensione!

Il titolo un po’ criptico serve per introdurre un film di quasi trent’anni fa interpretato da quel colosso (1,92 m) di Dolph Lungdren (da cui il sottile gioco di parole del titolo, ve lo ricordate, vero, Ivan Drago?)

Parlo de Il Vendicatore, ossia il Punitore, The Punisher!



Nel 1989 vide alla luce questo capolavoro(?) ispirato al famoso fumetto della Marvel diretto da Mark Goldblatt.

L’ex poliziotto (e non ex soldato, come nei fumetti) Frank Castle perde la ragione dopo che moglie e figlie saltano in aria sull’auto bomba destinata a lui.

Creduto morto fa perdere le sue tracce e inizia allora una crociata personale contro la mafia conquistandosi il soprannome di “Vendicatore” (sigh, maledetta traduzione).

Soltanto il suo ex collega Jake Berkowitz (il mitico Louis Gossett Jr. Ve lo ricordate il sergente di Ufficiale e gentiluomo?), sembra aver capito che il Vendicatore e Castle sono la stessa persona e cerca di acchiapparlo, sperando di farlo ragionare.

Il nostro, intanto, dal suo rifugio nelle fogne, dove medita nudo e parla con Dio (“Ogni tanto parlo ancora con Dio, e lui mi risponde.” cit.), fa fuori 125 persone i 5 anni e indebolisce la Mafia tanto da permettere alla Yakuza, guidata dalla sadica Lady Tanaka prendere il potere e far fuori la maggior parte dei capi, e già che c’è, rapirne i figli.

A quel punto, Castle, sensibile all’argomento bambini, accetterà di aiutare il mafioso Gianni Franco (doppio sigh) a liberare il figlio in una sanguinosa resa dei conti.

Il film di per se è un muscolare b-movie anni ’80, girato in economia e prodotto dalla  New World che fallirà di lì a poco.

In realtà non è malaccio, alternando scene interessanti (lo scontro finale), a altre un po’ meno (il camion telecomandato con la bottiglia di whisky, per dire).

Lundgren insistette per scriversi le battute da solo (“Chi ti manda?” “Spiderman.” Cit.) e, alla fine il suo Punisher è uno tra i più allucinati e folli che si siano mai visti: non è soltanto bruciato dalla sete di vendetta, lui è passato dall’altro lato della sanità mentale.

Louis Gossett Jr., fa il suo lavoro senza infamia e senza lode, il mafioso (interpretato dal caratterista Jeroen Krabbé), è stronzo quanto basta, mentre la cattiva è interessante e perfida, e merita una segnalazione perché realizzata in un’epoca in cui personaggi femminili del genere erano rari.

Inoltre segnalo che i combattimenti vennero improvvisati e non coreografati per dar loro una patina più realistica.

Il film fu un flop, ritirato quasi subito e distribuito in VHS. I fan non perdonarono diverse cose tra cui la mancanza dell’iconico teschio sul petto del protagonista, ma presente sul pomolo dei pugnali da lancio che distribuisce a volontà, e la sensazione di un lavoro approssimativo (ricordiamoci che il Batman di Tim Burton arrivò il mese dopo, con ben altro budget e campagna promozionale).

A me, personalmente non dispiacque, considerando altri film venuti dopo(qualcuno ha detto Elektra?)

In ogni caso, se volete gustarvelo lo trovate in lingua originale qui

Buona visione e alla prossima!

domenica 18 febbraio 2018

L’era del martello


L’era del martello

 

Bentornati!

Chiedo scusa per la mia prolungata assenza ma, purtroppo, problemi di connessione prima e problemi personali dopo, mi hanno costretto a rinunciare al blog per circa un mese.

Finché non riuscirò a mettere un po’ d’ordine i miei articoli potrebbero non arrivare più a cadenza settimanale, anche se vi prometto che farò di tutto per essere il più costante possibile.

Ma ora torniamo a noi.


Era il 1996 quando misi le mani sul manuale di Warhammer Fantasy RolePlay 1a edizione noto da noi come Martelli da guerra.





Avevo conosciuto l’ambientazione quando comprai il mio 1° numero di Kaos, e quando trovai il manuale base non me lo lasciai scappare.

Una volta portato a casa mi spaparanzai sul divano e me lo studiai con calma.

Non ero del tutto a digiuno dell’ambientazione, ma scoprii con piacere un universo del tutto nuovo, cupo, disperato ed emozionante:
 

una versione fantasy  dell’Europa rinascimentale (tra cui la Tilea, ossia l’Italia delle signorie, che, in questa versione da penisola a forma di stivale si trasformava in un golfo ;-) ), oppressa dalla minaccia del caos che, dal nord, attraverso un portale aperto accidentalmente millenni prima da una razza aliena arrivata dalle stelle.

Il caos corrompe mente e corpo, è l’origine di tutti i mostri presenti nel mondo, ma è anche la fonte della magia e la casa di mostruose entità che, come gli dèi di Lovecraft vogliono entrare nel mondo mortale per corromperlo e piegarlo ai loro poteri.

Così, gli eroi di questo mondo sempre sull’orlo dell’inferno dovranno affrontare non solo draghi e orchi, ma anche mutanti e culti oscuri e folli, spesso infiltrati in ogni strato della società, da quelli più bassi e a quelli più alti.

Detto questo, il gioco in sé è molto diverso da altri giochi che avevo trovato fino ad allora: innanzitutto la mortalità elevata. Era molto facile morire, anche grazie a un sistema di colpi critici tramite tabelle che a volte, anzi, spesso, nel nome del realismo sfociavano nel grottesco-splatter (Es. la testa del tuo avversario rotola in una direzione a caso per 1d4 metri. LOL).

Inoltre era previsto un sistema di localizzazione dei colpi: un corpo umanoide veniva “separato” in 6 Locazioni: Braccio destro e sinistro, gamba destra e sinistra Tronco e Testa. Tirando un d100 (tutto il gioco era tarato sul sistema percentuale) per colpire e rovesciando il risultato si otteneva la locazione. Semplice semplice.

Poi il sistema di avanzamento dei Personaggi. Al bando i livelli la gestione era regolata con le Carriere: ogni personaggio aveva fino a 14 (!) Caratteristiche, Movimento, Abilità in mischia, abilità nel Tiro, Forza, Resistenza, Punti Ferita, Iniziativa, Attacchi, Destrezza, Intelligenza, Freddezza, Volontà, Autorità, Simpatia che andavano da 1 a 100. I test si facevano su questi valori. Le abilità esistevano, ma esistevano solo per dare un bonus a quella caratteristica in una certa situazione (tipo scassinare dava un bonus su Destrezza), oppure ti permetteva di fare qualcosa altrimenti impossibile (come nuotare o Leggere e scrivere).

Ogni Carriera dava un certo numero di avanzamenti, ossia di aumenti (+10, 20 o 30%) alle caratteristiche, e un certo numero di abilità dedicate (ce n’erano, complessivamente circa 130!).

Completando le avventure ricevevi Punti Esperienza e con quelli acquistavi gli avanzamenti (di solito 100 PE = 1 avanzamento, ma c’erano delle eccezioni).

Una volta acquistati tutti gli avanzamenti avevi completato la carriera, e potevi sceglierne una nuova, tra quelle indicate nella descrizione della carriera di partenza oppure una a scelta del giocatore.

C’erano alcune carriere, dette avanzate, che potevano essere sbloccate solo dopo aver completato una precisa carriera base (tipo il Mago che poteva essere preso dopo essere stato un Apprendista mago).

C’erano circa 100 carriere nel manuale base, dall’Acchiappatopi al cavaliere errante, dal mago al venditore ambulante, passando per la mia preferita l’Ammazzatroll (o Trollslayer, se preferite), più che sufficienti per anni di gioco, ma era molto facile, comunque crearsene di nuove.

E vogliamo mettere le regole per gestire follia e dipendenze?

Il manuale, di circa 354 pagine era completo di bestiario e dell’ambientazione, su cui aleggiava, come il classico avvoltoio sulla spalla, la sensazione di disastro imminente, ma che manteneva una certa speranza di fondo, affidata nelle mani degli eroici personaggi dei giocatori.

Un gioco perfetto? Nì.

Il combattimento, a parte la letalità, risentiva delle origini da wargame dell’ambientazione, risultando a tratti macchinoso, oltre a un bug chiamato scherzosamente “sindrome da nano nudo”: in pratica, un nano (razza con una alta resistenza), o comunque chiunque avesse un’alta resistenza, anche senza armatura, nel caso subisca pochi danni, possa comunque non subire ferite, come se indossasse una full plate(!), questo perché ai danni fatti veniva sottratta non solo la quantità di danni assorbita dalla protezione, ma anche la Resistenza stessa.

Avevo pensato di ovviare al problema con una home rules: si veniva colpito in una locazione senza protezione si subiva comunque almeno 1 danno. Ma ciò portò a massacri indiscriminati di giocatori e lasciai perdere.

Poi le carriere non erano equilibrate tra loro, portando alcune a essere completate in poco tempo e altre no.

Inoltre i bonus erano troppo elevati, portando un personaggio ad avere anche il 100% in una caratteristica in poco tempo (cosa ovviata nella seconda edizione del gioco dove i Bonus erano dimezzati).

Ho sentito dire che molti, nel corso del tempo, hanno provato un ibrido: le regole della seconda edizione (che io non ho provato ma che mi dicono aver risolto la maggior parte dei problemi di cui sopra), usando l’ambientazione della prima (essendo l’ambientazione della seconda più cupa e disperata, sempre a quanto mi è stato raccontato).

Con Martelli da guerra feci una bella campagna, incentrata sulla raccolta di alcune reliquie, interrotta purtroppo a metà, non ricordo neanche perché.

Probabilmente, se la dovessi riprendere ora userei forse il regolamento della seconda edizione.

Ma chi ne ha più il tempo?

In più a maggio, forse, riesco a coronare un sogno di cui potrò dire di più prossimamente.

Buona giornata a tutti!