L’OUROBOROS NON
ÉEEEEEEEE UN SERPENTE…
Questa penosa citazione
della canzone di Donatella Rettore mi serviva per anticipare la seguente
domanda: alzi la mano chi ha mai almeno sentito parlare di questo libro.
Il serpente Ouroboros di Erik R. Eddison
Eddison (d’ora in poi ERE), era all’apparenza un classico
impiegato inglese che viveva a cavallo tra l’800 e il ‘900, ma era anche un
instancabile sognatore e appassionato di
Omero e delle saghe nordiche, soprattutto islandesi, che scrisse questo
libro partendo dalle sue fantasie di bambino.
Trovai questo libro per
caso, anni fa, mentre curiosavo tra gli
scaffali di una libreria di un centro commerciale (quando era possibile
trovare chicche del genere).
Lo presi per due
ragioni: primo, la copertina, estremamente evocativa; secondo, per la furba
citazione che l’editore mise accanto al titolo: “Il più grande e il più convincente scrittore di mondi inventati che io
abbia mai letto. J.R.R. Tolkien.”
Potevo non abboccare
all’amo? Infatti abboccai e lo comprai.
La trama è questa: un
tipo chiamato Lessingham viene
trasportato tramite un cocchio trainato da un ippogrifo sul pianeta Mercurio (non il nostro, un
altro) dove, in guisa di spirito,
osserverà le vicende che vi si svolgono.
Questo Mercurio, molto
simile alla Terra, è abitato da razze dai nomi evocativi: Demoni, Streghe, Goblin, Ghoul, che, però, sono tutti umani (a
parte i Demoni che hanno le corna, che decorano).
Le due maggiori potenze
del pianeta sono Demonland, patria
di guerrieri valorosi e audaci, ispirati in parte agli eroi nordici e in parte
a quelli omerici e gli infidi abitanti di Witchland
che, però, hanno tra le loro fila guerrieri non meno capaci e di valore.
Tramite la stregoneria,
re Gorice XII di Witchland troverà
un modo per mettere sotto scacco gli eterni rivali e invadere finalmente
Demonland, grazie anche alle trame del Goblin traditore Gro. I reggenti di Demonland, i tre fratelli Goldry Bluszco, Juss, Spitfire vengono divisi: il primo viene
rapito da un essere evocato dagli incantesimi del re delle Streghe (!) e
portato in un luogo sconosciuto, il secondo, guidato da sogni profetici e
incanti, parte per una terra leggendaria nel tentativo di risolvere la
situazione, mentre Spitfire rimane a Demonland a organizzare la resistenza.
Da qui un turbine di
azione, meraviglie, mostri orribili, sfide al limite dell’umano, intrighi che
neanche il Trono di spade, battaglie epiche combattute sul filo della rovina
per entrambe le parti, fino al confronto finale che chiuderà un epoca e ne
aprirà un’altra.
C’è un solo modo per
definire Il serpente Ouroboros(The worm
Ouroboros): Epico. I suoi
personaggi sono tutti belli, nobili, audaci,
impavidi, degni eredi delle saghe nordiche e dei poemi omerici. E parlo di
tutti, anche di quelli che dovrebbero essere i cattivi. ERE, amante anche di
Shakespeare e del teatro elisabettiano infonde i tutti loro una profondità
incredibile: come succede nella vita reale, ognuno di loro si ritiene
protagonista della storia e ERE lo sottolinea.
Inoltre le scene
d’azione riescono a essere di una epicità a volte unica: basta leggere la sfida
di lotta tra re Gorice XI e lord Goldry Bluszco nel capitolo II, la
scalata ai picchi gemelli di Koshtra
Pivrarcha e Koshtra Belorn nei capitoli XII e XIII o l’assedio di Carce.
ERE scrisse
nell’introduzione: “Questa non è né
un’allegoria né una favola, ma un storia da leggere per il gusto di leggerla”.
Ed è vero. Il serpente Ouroboros non
ha altra ambizione che intrattenere, e lo fa maledettamente bene.
E il suo finale rende bene il significato del titolo che
simboleggia, tra le varie cose anche il
tempo ciclico, l'infinito, l'eterno ritorno e l'immortalità (come quella
del re Gorice che porta appunto un anello a forma di Uoroboros al dito, e non
solo per vanità).
Quindi stiamo parlando
di un capolavoro? Nì.
Non è perfetto, e ci
sono alcune magagne:
La prima, quella che
salta subito agli occhi è la questione
dei nomi. ERE probabilmente li aveva inventati durante l’infanzia e se li
era portati avanti per tutta la vita fino a quando, intorno a i quarant’anni,
aveva pubblicato il romanzo. Questo porta ad avere personaggi e anche luoghi
che, al contrario di quanto accade con Il Signore degli anelli, stonano poi con
coloro che li portano. Oltre al già citato Spitfire abbiamo La Fireez, Fax Fay Faz, Zigg, Jalcanaius
Fostus. Persino Tolkien, che lo apprezzava, rimproverava questo limite;
Poi c’è Lessingham, il terrestre che introduce
la storia. Sparisce a metà del secondo
capitolo e non se ne fa mai più menzione. A qualcuno potrebbe storcere il
naso a questo fatto, anche se, come dice lui stesso, eviterà di dare giudizi
fino a che le vicende narrate non si chiariranno. In questo senso, allora non
si potrebbe chiamare dimenticanza dell’autore la sua scomparsa ma, appunto, la volontà di diventare in tutto e per
tutto osservatore della storia, così come lo è il lettore. È soltanto
un’interpretazione, però, la mia, quindi va presa con le molle;
Per ultimo una cosa
che, di per sé a me non dà fastidio, ma potrebbe darlo a chi è abituato a una
prosa più moderna e veloce: le
descrizioni. ERE è molto prolisso quando si tratta di descrizioni, anche
per lo standard dell’epoca. È sua intenzione sottolineare lo status dei suoi protagonisti e lo sfarzo
delle loro dimore, e anche il sense of
wonder di un mondo così simile e così diverso dalla Terra. E per farlo
non lesina pietre e metalli preziosi, vesti, armi e armature finemente decorate
e lavorate, talmente cariche di gioielli che uno sarebbe tentato di fregare la spada all’avversario piuttosto che
combatterlo.
Tutte queste
descrizioni possono appesantire la lettura a chi non è abituato. Per me non è un problema, anche perché il ritmo nonostante tutto non cala mai,
rimane alto, senza pause, quindi è uno
scoglio abbastanza superabile.
In definitiva: Matteo, ce lo consigli? La mia risposta è
sì. Soprattutto perché è scritto in un epoca antecedente al cristallizzarsi
degli stereotipi del fantasy, perciò rimane originale, inaspettato, in alcuni punti sorprendente rispetto
a tante opere più moderne.
Se vi piacerà sarà uno
di quei libri che rileggerete da capo più e più volte, perché, ricordate, l’Ouroboros è il ciclo infinito, il tempo
che si ripete. E ancora, e ancora… MWHAHAHAHAHAHAH!!!
https://librivox.org/the-worm-ouroboros-by-e-r-eddison/
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