domenica 30 luglio 2017

L’OUROBOROS NON ÉEEEEEEEE UN SERPENTE…


L’OUROBOROS NON ÉEEEEEEEE UN SERPENTE…

Questa penosa citazione della canzone di Donatella Rettore mi serviva per anticipare la seguente domanda: alzi la mano chi ha mai almeno sentito parlare di questo libro.

 
Il serpente Ouroboros di Erik R. Eddison

Eddison (d’ora in poi ERE), era all’apparenza un classico impiegato inglese che viveva a cavallo tra l’800 e il ‘900, ma era anche un instancabile sognatore e appassionato di Omero e delle saghe nordiche, soprattutto islandesi, che scrisse questo libro partendo dalle sue fantasie di bambino.
Trovai questo libro per caso, anni fa, mentre curiosavo tra gli scaffali di una libreria di un centro commerciale (quando era possibile trovare chicche del genere).
Lo presi per due ragioni: primo, la copertina, estremamente evocativa; secondo, per la furba citazione che l’editore mise accanto al titolo: “Il più grande e il più convincente scrittore di mondi inventati che io abbia mai letto. J.R.R. Tolkien.”
Potevo non abboccare all’amo? Infatti abboccai e lo comprai.
La trama è questa: un tipo chiamato Lessingham viene trasportato tramite un cocchio trainato da un ippogrifo sul pianeta Mercurio (non il nostro, un altro) dove, in guisa di spirito, osserverà le vicende che vi si svolgono.
Questo Mercurio, molto simile alla Terra, è abitato da razze dai nomi evocativi: Demoni, Streghe, Goblin, Ghoul, che, però, sono tutti umani (a parte i Demoni che hanno le corna, che decorano).
Le due maggiori potenze del pianeta sono Demonland, patria di guerrieri valorosi e audaci, ispirati in parte agli eroi nordici e in parte a quelli omerici e gli infidi abitanti di Witchland che, però, hanno tra le loro fila guerrieri non meno capaci e di valore.
Tramite la stregoneria, re Gorice XII di Witchland troverà un modo per mettere sotto scacco gli eterni rivali e invadere finalmente Demonland, grazie anche alle trame del Goblin traditore Gro. I reggenti di Demonland, i tre fratelli Goldry Bluszco, Juss, Spitfire vengono divisi: il primo viene rapito da un essere evocato dagli incantesimi del re delle Streghe (!) e portato in un luogo sconosciuto, il secondo, guidato da sogni profetici e incanti, parte per una terra leggendaria nel tentativo di risolvere la situazione, mentre Spitfire rimane a Demonland a organizzare la resistenza.
Da qui un turbine di azione, meraviglie, mostri orribili, sfide al limite dell’umano, intrighi che neanche il Trono di spade, battaglie epiche combattute sul filo della rovina per entrambe le parti, fino al confronto finale che chiuderà un epoca e ne aprirà un’altra.
C’è un solo modo per definire Il serpente Ouroboros(The worm Ouroboros): Epico. I suoi personaggi sono tutti belli, nobili, audaci, impavidi, degni eredi delle saghe nordiche e dei poemi omerici. E parlo di tutti, anche di quelli che dovrebbero essere i cattivi. ERE, amante anche di Shakespeare e del teatro elisabettiano infonde i tutti loro una profondità incredibile: come succede nella vita reale, ognuno di loro si ritiene protagonista della storia e ERE lo sottolinea.
Inoltre le scene d’azione riescono a essere di una epicità a volte unica: basta leggere la sfida di lotta tra re Gorice XI e lord Goldry Bluszco nel capitolo II, la scalata ai picchi gemelli di Koshtra Pivrarcha e Koshtra Belorn nei capitoli XII e XIII o l’assedio di Carce.
ERE scrisse nell’introduzione: “Questa non è né un’allegoria né una favola, ma un storia da leggere per il gusto di leggerla”. Ed è vero. Il serpente Ouroboros non ha altra ambizione che intrattenere, e lo fa maledettamente bene.
E il suo finale rende bene il significato del titolo che simboleggia, tra le varie cose anche il tempo ciclico, l'infinito, l'eterno ritorno e l'immortalità (come quella del re Gorice che porta appunto un anello a forma di Uoroboros al dito, e non solo per vanità).
Quindi stiamo parlando di un capolavoro? Nì.
Non è perfetto, e ci sono alcune magagne:
La prima, quella che salta subito agli occhi è la questione dei nomi. ERE probabilmente li aveva inventati durante l’infanzia e se li era portati avanti per tutta la vita fino a quando, intorno a i quarant’anni, aveva pubblicato il romanzo. Questo porta ad avere personaggi e anche luoghi che, al contrario di quanto accade con Il Signore degli anelli, stonano poi con coloro che li portano. Oltre al già citato Spitfire abbiamo La Fireez, Fax Fay Faz, Zigg, Jalcanaius Fostus. Persino Tolkien, che lo apprezzava, rimproverava questo limite;

Poi c’è Lessingham, il terrestre che introduce la storia. Sparisce a metà del secondo capitolo e non se ne fa mai più menzione. A qualcuno potrebbe storcere il naso a questo fatto, anche se, come dice lui stesso, eviterà di dare giudizi fino a che le vicende narrate non si chiariranno. In questo senso, allora non si potrebbe chiamare dimenticanza dell’autore la sua scomparsa ma, appunto, la volontà di diventare in tutto e per tutto osservatore della storia, così come lo è il lettore. È soltanto un’interpretazione, però, la mia, quindi va presa con le molle;
Per ultimo una cosa che, di per sé a me non dà fastidio, ma potrebbe darlo a chi è abituato a una prosa più moderna e veloce: le descrizioni. ERE è molto prolisso quando si tratta di descrizioni, anche per lo standard dell’epoca. È sua intenzione sottolineare lo status dei suoi protagonisti e lo sfarzo delle loro dimore, e anche il sense of wonder di un mondo così simile e così diverso dalla Terra. E per farlo non lesina pietre e metalli preziosi, vesti, armi e armature finemente decorate e lavorate, talmente cariche di gioielli che uno sarebbe tentato di fregare la spada all’avversario piuttosto che combatterlo.
Tutte queste descrizioni possono appesantire la lettura a chi non è abituato. Per me non è un problema, anche perché il ritmo nonostante tutto non cala mai, rimane alto, senza pause, quindi è uno scoglio abbastanza superabile.
In definitiva: Matteo, ce lo consigli? La mia risposta è sì. Soprattutto perché è scritto in un epoca antecedente al cristallizzarsi degli stereotipi del fantasy, perciò rimane originale, inaspettato, in alcuni punti sorprendente rispetto a  tante opere più moderne.
Se vi piacerà sarà uno di quei libri che rileggerete da capo più e più volte, perché, ricordate, l’Ouroboros è il ciclo infinito, il tempo che si ripete. E ancora, e ancora… MWHAHAHAHAHAHAH!!!

1 commento:

  1. https://librivox.org/the-worm-ouroboros-by-e-r-eddison/

    originale in versione libera da copyright in quanto scaduto

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