mercoledì 6 dicembre 2017

MARTIN NON HA INVENTATO NIENTE


MARTIN NON HA INVENTATO NIENTE




Fino alla fine ero indeciso se chiamare questo articolo Questione di imprinting, perché anche di questo parlo.

Alla fine ho deciso per questo titolo perché, innanzitutto è un po’ polemico e mi divertiva l’idea di scatenare qualche fan duro e puro (sì, sono un po’ stronzo quando  mi ci metto ;-) ) in più ho sentito molti lodare il Trono di spade di George Martin per il suo stile crudo (in realtà ci sarebbero anche altre motivazioni, che però esulano da questo articolo).

Comunque sia, zio George non è stato il primo a inserire una certa crudezza nelle sue storie fantasy. Ce ne sono state parecchi prima di lui, e uno di questi era David Gemmell.
Britannico, è considerato uno dei più autorevoli scrittori di fantasy conosciuto soprattutto per la Saga dei Drenai, la saga postapocalittica delle Sipstrassi, la saga dei Rigante, e vari altri romanzi, anche storici  e anche una trilogia sulla Guerra di Troia, della quale il secondo e terzo volume sono stati pubblicati postumi.

È infatti purtroppo morto il 28 luglio 2006 dopo un’operazione per l’impianto di un bypass.

Ed è stato forse il primo romanzo fantasy che ho letto, prima ancora de Il signore degli anelli.

Ero all’aeroporto di Fiumicino, credo nel ’87 o nel ’88 ed io (ancora ragazzino) ero andato ad accompagnare con la mia famiglia una parente tornata dal Canada dov’era emigrata anni fa. Mentre aspettavamo la sua partenza girovagavo in giro fino ad arrivare a una libreria dove, in bella mostra, mi colpì l’immagine di quell’uomo  a cavallo. Chiesi ai miei di acquistarmelo e lo fecero, forse inconsapevoli di quello a cui andavano incontro (scherzo ;- ) )

Ma di cosa parla il romanzo?

Parla di un uomo, un mercenario conosciuto come Waylander che salva da alcuni banditi Dardalion, un giovane sacerdote del culto pacifista della Fonte.

Il paese dei Drenai è intanto nel caos: Re Niallad, è stato assassinato da un sicario professionista. Approfittando della confusione, un'orda di spietati guerrieri, i Mastini del Caos della vicina Vagria invade il regno dei Drenai, seminando ovunque terrore e morte in un bagno di sangue senza precedenti.

Quello che Dardalion scoprirà poi è che il sicario è proprio Waylander.

Questo gesto altruistico, che stupisce per primo lo stesso Waylander scatenerà una serie di eventi che porterà prima l’uomo a farsi carico anche della giovane Danyal e di tre bambini, sopravvissuti alla orgia di violenza degli invasori, e della trasformazione di Dardalion al fondatore dell’ordine di preti guerrieri dei Trenta.

E, per ultimo, a essere costretto ad accettare un assurdo incarico: ritrovare la mitica Armatura di Bronzo che Re Orien, padre del re ucciso, usava in battaglia e che è scomparsa con lui nelle terre dei nomadi Nadir, niente affatto pacifici.

L’armatura riuscirebbe a riunire e a dare vigore ai Drenai divisi, fungendo da catalizzatore per la riscossa.

Insieme all’ambiguo Durmast e a Danyal, Waylander(il cui vero nome è Dakeyras), si inoltrerà attraverso quelle terre ostili, inseguito da un sicario e dai Mutanti sguinzagliati dall’oscura Fratellanza, vero cervello di tutta la situazione, e avrà l’aiuto inaspettato di personaggi come il mostruoso Kai.

Fino a un finale affatto scontato.

Il mondo tratteggiato da Gemmell è brutale, realistico (ma senza quel gusto sadico di Martin nell’ammazzare qualsiasi personaggio), in cui il sovrannaturale esiste ma è labile e lavora dietro le quinte e richiede sempre un costo e il personaggio di Waylander è, a suo modo, “crepuscolare”: è un uomo di ormai quarant’anni, che in un mondo fantasy medievale vuol dire che ha già una certa età. È cinico, disilluso, ma non per una mancanza di empatia, ma perché le ferite che la vita gli ha inferto sono state tali che ha preferito ignorare i sentimenti.

Tutt’intorno a lui si muove una galleria di personaggi davvero “tridimensionali”: sono davvero pochi quelli che sono indiscutibilmente cattivi al 100%. Sono tutti umani, con le loro virtù e debolezze ed è solo le scelte che compiono che li portano da una o l’altra parte della barricata.

Inoltre Gemmell condisce tutto con scene di battaglia davvero scritte bene e coinvolgenti, con una predilezione per gli assedi.

Gemmell ha una fissazione per gli assedi, in ogni suo libro che ho letto c’è n’è almeno uno. Ma sono tutti descritti divinamente, è quello che li descrive meglio di tutti e gli si può perdonare.

È un fantasy adulto, duro, che, però, non si compiace del sangue. È un fatto di personaggi che, per dirla alla Nietzsche, sono “umani, troppo umani”, in cui gli eroi sono eroi perché hanno tutto da perdere e spesso lo perdono.
Questo è stato il mio imprinting nel mondo fantasy, e dice molto dei miei gusti.

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