lunedì 17 luglio 2017

DI SOTTERRANEI E DRAGHI


DI SOTTERRANEI E DRAGHI
 

Credo fosse il 1994 quando mi fu messa sotto il naso una copia di seconda mano di un gioco chiuso in una scatola rossa.
Il gioco si chiamava Dungeons and Dragons. Non so se ne avete mai sentito parlare.
Io in realtà nel corso degli anni un po’ sì, ma era la prima volta che mi trovavo tra le mani il regolamento.
All’epoca pensavo che fosse “la prima edizione”. Per certi versi era così, nel senso che era la prima edizione stampata in italiano mentre, in realtà, era  la versione rivista del Basic Set fatta da Frank Mentzer passata alla storia il famoso acronimo BECMI o anche “Scatola rossa” in Italia.
Per i più curiosi: l’acronimo stava per: Basic, Expert, Companion, Master, Immortal. Indicavano scatole di colore diverso che espandevano il regolamento con nuove opzioni per il giocatore, nuove regole, come quelle per i tornei, per le battaglie campali, costruire e mantenere una fortezza, nuove armi e incantesimi via via fino ad avere personaggi ormai immortali. A ogni scatola era assegnato un colore: Rosso per il Basic, blu per l’Expert, azzurro per il Companion, nero per il Master e oro per l’Immortal.
Comunque: per me fu la scoperta di un nuovo mondo: un gioco dove non era obbligatorio avere delle pedine o un tabellone? Dove poterti creare i tuoi personaggi e le loro storie e avventure?
Ma siamo matti?
Ora, per chi non lo sapesse in un gioco di ruolo c’è bisogno di un “Master”, ossia, un giocatore che faccia da arbitro. Costui è quello che conosce le regole, conosce l’avventura e interpreta tutti i personaggi al di fuori del gruppo dei giocatori, alleati o avversari che siano (i famosi PNG ossia Personaggi Non dei Giocatori).
Mi proposi come master (da Dungen Master, Signore dei sotterranei), e mi misi a studiare il regolamento, con un impegno decisamente superiore a quello per la scuola (ops, l’ho detto?).
Termini come Classe, Livello, Round, Tiro per colpire, Punti Esperienza divennero familiari. Dimostrando anche un certo spirito d’iniziati decisi di snobbare l’avventura proposta nel modulo e di scriverne una io: l’esplorazione di un antico tempio abbandonato scoperto casualmente dai PG (Personaggi dei Giocatori), e pieno di tesori, trappole e oscure presenze… J

C’era un unico lievissimo intoppo. Mi. Mancavano. I. Dadi.

Digressione per i non giocatori: in Dungeons and Dragons si usano, oltre a quelli cubici che conosciamo tutti, anche una serie di dadi diversi da quelli conosciuti. Possono avere anche quattro, otto, o venti facce. Come quelli qua sotto:

 
Sono in realtà quelli che in geometria vengono chiamati “Solidi platonici” (cercate pure su Google).
Per giocare a D&D occorreva un set di questi dadi: un dado a 4 facce, uno a 6 (quello conosciuto), a 8 facce, a 10 facce, a 12 facce e a 20.
NOTA: il dado a 10 facce, in realtà non sarebbe un solido platonico vero e proprio ma un Trapezoedro pentagonale (anche qui usate Google, non mi invento niente), comodo per fare tiri che comprendono le percentuali.
Ma tornando a noi, mancavano i dadi. La scatola era di seconda mano, e pertanto i dadi erano finiti chissà dove, e non sapevo dove andare a trovarne altri. Era un bel problema.
Poi, all’improvviso, ebbi un’illuminazione. Questa:
 
Sì, sono proprio delle trottole. Creai con cartoncino, colla e stuzzicadenti, sei trottole, ognuna con il necessario numero di facce.
E funzionavano davvero.
La prima partita me la ricordo ancora. La creazione delle schede dei personaggi:

 


































I personaggi dei miei amici che avanzavano nell’ignoto, e il loro primo, letale avversario: un topo gigante. I giocatori impegnarono mezz’ora, in 4, ad affrontarlo, ma lui imperterrito si ostinava a sopravvivere finché io, sconsolato, decisi che riuscisse a scappare, prima di rischiare passare l’intera serata contro quell’unica creatura (che aveva iniziato a farmi un po’ pena.)
Ma, a parte questo piccolo incidente fu una partita epocale, tra mostri tagliati a metà con un solo colpo di spada e orde di non morti annientate.
È vero che l’avventura fini con un TPK(Total Kill Party, ossia sconfitta totale del gruppo), ma questo non mi scoraggiò. Il dado, ormai, era tratto (gioco di parole involontario, scusate).
Come dite? Nelle foto non compare la scatola rossa, ma soltanto le schede introduttive?
Avete ragione ma, purtroppo, ho trovato solo quelle. E le fotocopie del manuale base. La scatola col manuale è persa chissà dove, spero di ritrovarla, prima o poi.
Questa soffitta mi ricorda sempre di più il Tardis, più grande dentro di quanto appaia fuori. È un po’ inquietante…

6 commenti:

  1. Ohy! il metodo della trottola lo usai anche io in campeggio XD

    RispondiElimina
  2. Quando D&D era ancora un gioco di ruolo affrontabile.

    Te e il TPK alla prima sessione... ormai è il tuo marchio di fabbrica.

    RispondiElimina
  3. Ehmm, veramente, questa versione di D&D era ancora più letale di quelle moderne. Niente grado di sfida, le trappole del tipo "se sbagli il Tiro Salvezza crepi anche se sei di 18° Livello" erano all'ordine del giorno...
    Mi sa che ti ricordi male ... ;-)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. ah... lavecchia tomba degli orrori, che se arrivavi alla fine e non conoscevi il trucco finivi *PERLOMENO* permanentemente invalido solo perché tentavi ovviamente di prendere il gingillo scopo dell'avventura (che era un buco nero mobile ed andava manovrato con un diadema di comando che tutti avrebbero pensato fosse soltanto della paccottiglia da rivendere in quanto era schermato contro l'individuazione del magico e quindi sembrava roba normale)

      Elimina
  4. Bei ricordi :) Le trottole sono geniali, non sembra vero che c'era un'epoca in cui non si trovavano i dadi poliedrici, ci pensavo qualche mese fa mentre li guardavo nella vetrina di un tabaccaio in centro!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Il fatto è che allora, abitando in provincia, era molto più difficile recuperare certi materiali. Adesso è molto più facile, ma venti anni fa era tutto molto più pioneristico.

      Elimina